La chiesa edificata nel 1856, andata distrutta nella guerra
L’architettura della chiesa consacrata nel 1856 era semplice: ad unica navata, con una modesta abside piana, due semplici archi per le cappelle laterali, poco profonde e al centro della navata, poche modanature a formare essenziali cornici e lesene. Non aveva stucchi, né pitture: non solo e non tanto perché i tempi erano grami, ma perché erano estranei allo stile del suo progettista e costruttore, l’architetto Filippo Morolli (1794-c. 1863), appartenente ad una ben nota famiglia di imprenditori riminesi.
La chiesa è stata distrutta durante l’ultima guerra; ce ne rimangono alcune immagini della facciata, che ricordava quella della chiesa romana di San Pantaleo del celebre architetto Giuseppe Valadier, e che comunque era ispirata a costruzioni neoclassiche di gusto purista.
La chiesa non era rivolta verso il ‘suo’ borgo, che si sviluppava lungo le direttrici delle due strade che uscivano da porta Montanara, ma verso la città, dalla quale era separata dalla nuova strada di circonvallazione, da una piazzetta irregolare e da una porta urbica romana («porta Montanara»). Aveva un modesto campanile che, atterrato dal terremoto de 1916, venne ricostruito nel 1921 (dotato di due campane provenienti dalla chiesa dei Teatini e di un orologio); non possedeva immagini sacre; i pochi arredi indispensabili per le celebrazioni e per il culto erano stati racimolati qua e là da chiese soppresse o che non li utilizzavano.
La chiesa attuale
La ricostruzione venne affidata ad un noto ed esperto architetto riminese, Luigi Campanini (1897-1974), che la progettò e ne diresse i lavori fino al loro compimento nel 1950. Ne risultò un edifico molto diverso da quello distrutto, di forme pseudo moderne ancora ben aderenti al vecchio e freddo razionalismo monumentale di gusto piacentiniano, orientato come il precedente, ma più largo e con modeste cappelle laterali; più alto di quello antico, e con un campanile più robusto e proporzionato.
La pala di San Gaudenzo, distrutta dalla guerra
Tutte le immagini e le decorazioni della chiesa sono state distrutte dalla guerra.
E’ andato distrutto anche un San Gaudenzo, mitrato e in abiti pontificali, in piedi e in atto di benedire; un profilo della città era appena delineato ai suoi piedi, sotto la nuvola che lo reggeva e che era animata da due angeli bambini, uno dei quali gli porgeva o sosteneva il pastorale. Dipinto a tempera nell’abside nel 1918 dal pittore più noto della zona, Francesco Brici (1870-1950), buon ritrattista e celebre decoratore di chiese. La figura del santo era dipinta entro un ampio panneggio come di velluto blu-verde, bordato da una frangia d’oro e tenuto aperto da due angeli, mentre una coppia di angioletti in cima allo stesso drappo era intenta ad annodare i capi di un cordone dorato e due teste di cherubini spiccavano sulla parte inferiore. Nella parte alta era raffigurata un’altra coppia di angioletti, che scendeva dal cielo portando la palma del martirio e la corona della vittoria. Il tutto contenuto in una bella cornice in rilievo tutta dorata, apparentemente di legno massiccio abilmente intagliato. La raffigurazione era di grande effetto. Ora ce ne rimane solo qualche fotografia. Il muro su cui era dipinta non era crollato con la guerra, e la figurazione si era conservata in buono stato, benché scalfita in più punti; ma dovette essere distrutta, con il muro, quando la chiesa venne ricostruita un po’ più grande.
Quadri superstiti
Sono superstiti unicamente un San Sebastiano, bella copia seicentesca di un’opera di Guido Reni, e la Visione di San Gaetano (quest’ultimo dalle guide locali viene inizialmente attribuito a don Stefano Montanari, poi al suo scolaro Agostino Boldrini, al cui stile effettivamente sembra meglio rimandare).
Sempre al Brici venne commissionato un quadretto con San Giuda Taddeo: è l’unica opera supersite dell’attività del pittore in San Gaudenzo.
Nel dopoguerra le funzioni si svolgevano nella sagrestia: sull’altare spiccava una piccola Madonna del Buon Consiglio, una tela di cui non si conosce la provenienza, né il momento in cui fu consegnata alla chiesa. Ultimamente, restaurata, è stata collocata in chiesa, in una nicchia addossata alla base dell’arco dell’abside, a sinistra.
Nuove opere d’arte
Nel 1959-60 per la lunetta del portale della chiesa lo scultore Elio Morri (1913-1992) creava un bel San Gaudenzo benedicente, in cemento “finta pietra”.
Allo stesso Morri, sicuramente il più celebre e prolifico scultore riminese del Novecento, vent’anni più tardi (1979) venne affidato il compito di creare un grande Crocifisso per l’abside della chiesa: ne uscì la vigorosa ed espressiva figura bronzea che ancor oggi domina l’interno, senza dubbio uno dei capolavori della maturità dell’artista e dell’arte sacra moderna a Rimini; fu intronizzato l’11 ottobre 1980.
Mancando all’interno della chiesa un’immagine di San Gaudenzo, don Giuseppe Semprini riuscì ad ottenere una tela, inutilizzata, nel convento di San Bernardino, di modeste dimensioni, molto rovinata e in buona parte ridipinta. Restaurata nell’anno 2000; il restauro non ha potuto ovviare ai molti danni subiti nel tempo dall’immagine, che sembra attribuibile al pittore riminese Angelo Sarzetti (1656-1713): si tratta di una delle poche vecchie immagini di san Gaudenzo che ora rimangono in diocesi. Il santo vi è raffigurato, secondo un’iconografia chiaramente mutuata da un’opera del Guercino, mentre benedice un modellino della città sorretto da un angelo. Ora si trova nella prima cappella di sinistra.
Nella prima cappella di sinistra vi è una nuova statua lignea e policroma di San Gaudenzo eseguita dallo Studio Demetz di Ortisei (2009).
Sulle pareti della chiesa vi sono due grandi quadri a lunetta, del pittore albanese Agim Sulaj: San Gaudenzo patrono della parrocchia e Natività.
Nell’abside, ai lati del tabernacoli, due angeli in marmo, in bassorilievo.
Sulle pareti, in bassorilievo, le 14 stazioni della via crucis in marmo.
Nella seconda cappella di destra, una tela riproduce San Giuseppe educa Gesù adolescente nell’arte del falegname; è la riproduzione recente, di autore ignoto, di un’opera nota come Sacra famiglia (nel nostro quadro non figura la Madonna).
Nella prima cappella destra nel 1959 è stata realizzata la grotta di Lourdes, oggetto di molta devozione.
Recentemente la chiesa è stata arricchita dal un 'opera del pittore riminese Davide Frisoni intitolata Cristo è vivo
(per più ampie informazioni: “Un borgo di memorie”, 2011. Richiederlo in Parrocchia)